USA, Trump firma per l’aumento della produzione di carbone
Gli Stati Uniti puntano a riaprire le centrali a carbone per rispondere alla crescente domanda energetica dei data center.
Altre news
RRimettere in moto l’industria del carbone per alimentare l’intelligenza artificiale: è questo l’obiettivo che Donald Trump ha annunciato firmando quattro ordini esecutivi che mirano a rilanciare l’estrazione e l’utilizzo del combustibile fossile più inquinante. Il presidente statunitense ha promesso la riapertura delle centrali chiuse, nuovi investimenti nel settore e un piano per garantire l’approvvigionamento energetico necessario a sostenere la domanda in forte crescita dei data center.
“Stiamo riportando in vita un’industria che è stata abbandonata”, ha dichiarato Trump. Le misure prevedono infatti incentivi alla costruzione di nuove centrali, la revisione delle leggi statali che penalizzano il carbone per motivi ambientali e lo sblocco delle concessioni su terreni federali. Un piano ambizioso che punta anche a riconoscere il carbone metallurgico come “minerale critico”, così da poter applicare poteri straordinari per aumentarne la produzione.
Attualmente il carbone copre il 15% della produzione elettrica statunitense, contro il 50% del 2000. In vent’anni sono stati chiusi circa 770 impianti, superati dal gas naturale – di cui gli Stati Uniti sono i primi produttori mondiali – e dalle energie rinnovabili. Anche il numero di addetti è crollato: da 70.000 a circa 40.000. Ma secondo l’amministrazione Trump, per sostenere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sarà necessario più che raddoppiare l’attuale produzione di elettricità. E le centrali a carbone, insieme a quelle a gas e nucleari, sono considerate essenziali per fornire il cosiddetto “carico di base”: energia stabile e continua, fondamentale per il funzionamento dei server e dei supercomputer impiegati nei sistemi di IA.
Il piano, però, solleva numerose perplessità. Da un lato, il carbone è più inquinante rispetto ad altre fonti fossili, e la sua combustione emette grandi quantità di CO₂ e sostanze nocive. Dall’altro, il mercato energetico ha già preso altre strade: secondo i dati dell’EIA (Energy Information Administration), nel 2023 gli Stati Uniti hanno consumato 386 milioni di tonnellate di carbone, il dato più basso dal 1963. La riduzione è frutto sia di considerazioni ambientali sia economiche, e il settore è sempre più automatizzato, con scarso potenziale occupazionale a lungo termine.
Inoltre, le Big Tech potrebbero non seguire questa direzione. Colossi come Microsoft, Amazon, Alphabet e Meta hanno già investito massicciamente in energia rinnovabile e nucleare per alimentare i propri data center, impegnandosi pubblicamente a ridurre le emissioni. È improbabile, dunque, che scelgano di acquistare elettricità generata dal carbone, mettendo a rischio gli obiettivi climatici e l’immagine aziendale.
Intanto il mercato globale del carbone resta in crescita: nel 2023 ha toccato gli 8,7 miliardi di tonnellate, trainato soprattutto da Cina e India, rispettivamente con aumenti annui del 6% e del 9,2%. Negli Stati Uniti, invece, il rilancio del carbone rimane un obiettivo politico più che una tendenza economica consolidata. Il successo del piano di Trump dipenderà dalla risposta degli investitori, delle imprese tecnologiche e degli Stati federati, molti dei quali mantengono standard ambientali rigorosi.