Sempre meno neve in Italia: quanto costa e quanta acqua serve per la neve artificiale?
A pochi mesi dalle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026, l’Italia si trova a fare i conti con un preoccupante calo della neve.
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AA pochi mesi dalle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026, l’Italia si trova a fare i conti con un preoccupante calo della neve. Secondo il Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale, nel gennaio 2024 le riserve nevose sul territorio ammontavano a 1,7 miliardi di metri cubi, un valore che rappresenta solo un terzo della media registrata tra il 2011 e il 2023 e circa la metà rispetto allo scorso anno. La carenza di neve è particolarmente evidente sulle Alpi, dove l’inverno ha portato precipitazioni scarse e temperature anomale.
Neve artificiale: una soluzione insostenibile?
Per garantire la continuità della stagione sciistica, molte località si affidano all’innevamento artificiale, una pratica che consuma ingenti quantità d’acqua. Secondo la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, per garantire 30 centimetri di neve su un ettaro di pista servono circa 1 milione di litri d’acqua, prelevati da bacini artificiali e risorse idriche locali. L’intero sistema di piste alpine italiane, che copre circa 24.000 ettari, richiederebbe un volume d’acqua pari a quello consumato in un anno da 1,5 milioni di persone.
Nonostante l’ingente investimento del Ministero del Turismo, che nel 2023 ha destinato 148 milioni di euro agli impianti di risalita e innevamento (contro i soli 4 milioni stanziati per promuovere l’ecoturismo), il costo ambientale dell’industria sciistica rimane elevato.
Neve, il ruolo cruciale delle Alpi nella disponibilità idrica
Le montagne italiane rappresentano un vero e proprio serbatoio naturale d’acqua, e la scarsità di neve invernale ha ripercussioni dirette sulla disponibilità idrica primaverile ed estiva. Secondo il ricercatore Francesco Avanzi della Fondazione CIMA, marzo è il mese decisivo per l’accumulo di neve, con un picco stimato di 10 miliardi di metri cubi d’acqua. Tuttavia, il trend degli ultimi anni mostra un deficit sistematico sulle Alpi, con conseguenze preoccupanti per agricoltura, industria e consumo civile.
Oltre alla neve, anche i ghiacciai alpini stanno subendo gli effetti del riscaldamento globale. Il rapporto di Legambiente sulla crisi climatica evidenzia un continuo assottigliamento della massa glaciale, con casi emblematici come il Ghiacciaio dell’Adamello, che ha perso tre metri di spessore nel settore frontale. Simili arretramenti si registrano per il Careser, la Vedretta Lunga e il Ciardoney, dove la fusione ha superato il metro d’acqua equivalente.
L’impatto del declino glaciale non riguarda solo la disponibilità d’acqua, ma anche biodiversità ed ecosistemi alpini. Specie come camosci, lepri bianche ed ermellini sono sempre più a rischio a causa della mancata corrispondenza tra stagioni e cicli biologici.
Verso un futuro più sostenibile?
Di fronte a questa crisi, Legambiente propone un piano d’azione per la protezione dell’ambiente alpino, con dodici misure che spaziano dall’adattamento climatico al rilancio del turismo sostenibile. Il 2025 è stato proclamato dall’ONU “Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai”, un’occasione per ripensare il rapporto tra sport invernali, economia montana e sostenibilità ambientale.