Responsabilità ambientale, chi paga in caso di danni agli habitat: cosa dice la direttiva UE

Quello della responsabilità ambientale è un concetto introdotto nel 2004 da una specifica Direttiva Europea, che impone precisi oneri alle aziende e alle imprese che si rendono responsabili di gravi contaminazioni ambientali.

Responsabilità ambientale, chi paga in caso di danni agli habitat: cosa dice la direttiva UE

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Del concetto di responsabilità ambientale si sente parlare sempre più di frequente, in particolare in concomitanza con disastri ai danni degli habitat, causati ad esempio dall’attività di grandi aziende. Si tratta di una disciplina ormai recepita da tempo dell’Unione Europea che, basandosi sul principio “chi inquina, paga”, ha introdotto delle specifiche norme affinché i soggetti colpevoli rispondano legalmente ed economicamente delle loro azioni. Ma in caso di disastri ambientali, chi paga per i danni provocati?

L’intera disciplina sulla responsabilità ambientale è regolata dalla Direttiva Europea 2004/35/CE e, oltre alle conseguenze per i danni provocati, definisce anche le azioni necessarie di prevenzione e ripristino degli habitat. Di seguito, tutte le informazioni utili.

Cos’è la responsabilità ambientale

Con il termine responsabilità ambientale si indica una fitta disciplina normativa, approvata in Europa del 2004, per stabilire gli oneri e i doveri di tutti quei soggetti giuridici – in particolare, le grandi aziende – che si rendono responsabili di contaminazioni e danneggiamenti ambientali. Per stessa volontà di legge, il principio ispiratore di questa misura è il concetto “chi inquina, paga”. Questo significa che, in caso un’azienda si rendesse responsabile di un anno ambientale:

  • deve intraprendere misure di prevenzione a ulteriori conseguenze;
  • è chiamata a provvedere alla riparazione degli stessi danni;
  • deve sostenerne tutti i relativi costi.

La stessa direttiva, la 2004/35/CE, definisce poi quali siano i danni che comportano il riconoscimento della responsabilità da parte dell’azienda coinvolta:

  • tutti i danni che impattano sullo stato ambientale delle risorse acquatiche, in violazione delle normative 200/60/CE e 2008/56/CE, relative alla conservazione delle acque e degli ambienti marini;
  • tutti i danni al suolo che creano un potenziale rischio per la salute umana;
  • tutti i danni a carico degli habitat e delle specie protette, tali da minacciarne la conservazione;
  • lo scarico illegale di sostanze inquinanti, o pericoloso per la salute, nell’aria, nelle acque interne superficiali o sotterranee;
  • il rilascio non autorizzato di organismi geneticamente modificati nell’ambiente.

La responsabilità estesa dei produttori

Il corpo normativo sulla responsabilità ambientale non deve però essere confuso con la Responsabilità Estesa dei Produttori, sempre definita a livello europeo dalle Direttive 2008/98 e 851/18.

In questo caso si parla della gestione dei rifiuti post-consumo, a cui alcune aziende sono chiamate a partecipare sia a livello pratico che finanziario. Ad esempio, è il caso della raccolta e del corretto smaltimento dei RAEE, ovvero dei rifiuti elettronici.

Quali settori sono coinvolti dalla responsabilità ambientale

Sversamento in acqua di inquinanti

La normativa in vigore stabilisce quali siano i settori produttivi, e quindi le aziende collegate, che sono chiamate a rispondere della responsabilità ambientale in caso di gravi danni alle risorse ambientali. Innanzitutto, vengono individuate le aziende che possono rendersi colpevoli di contaminazioni come conseguenza delle loro attività professionali:

  • industrie energetiche;
  • industrie specializzate nella produzione e nella trasformazione dei metalli;
  • industrie minerarie;
  • industrie chimiche;
  • settore della raccolta e della gestione dei rifiuti;
  • aziende specializzate nella produzione su larga scala di cellulosa, carta, carbone, tintura tessile e concerie;
  • aziende specializzate nella produzione su larga scala di cibo, carne e prodotti a base di latte.

In presenza di un danno ambientale che minaccia la sopravvivenza di specie protette o comporta la distruzione di un habitat naturale raro, risponde qualsiasi impresa che si sia resa responsabile di un comportamento sia doloso che colposo. La responsabilità, tuttavia, non si applica in caso di conflitti armati o nucleari, quando si verificano calamità naturali non prevedibili e quando escluso dai trattati internazionali.

Chi paga i danni: il processo della responsabilità

Inquinamento ambientale
Inquinamento ambientale

Quando si verifica un danno ambientale dovuto alla possibile azione di un’azienda, compresa nei casi normativi previsti, si avvia una fase di verifica della stessa responsabilità. Tramite analisi sul campo, ma anche inchieste di tipo legale, soggetti terzi identificano il soggetto responsabile della contaminazione e vengono confermati i danni arrecati.

A questo punto, il soggetto giuridico identificato – e quindi responsabile dell’inquinamento prodotto – sarà chiamato a rispondere a tre fondamentali obblighi:

  • la cessazione dell’illecito, per evitare che la contaminazione si estenda, provocando ulteriori danni ambientati. Ad esempio, l’azienda colta in flagrante a sversare rifiuti tossici nei corsi d’acqua dovrà interrompere immediatamente l’azione illecita, anche se questo dovesse comportare il blocco della produzione per l’adeguamento degli impianti di scarico;
  • il ripristino degli habitat danneggiati, che dovranno tornare nella condizione precedente al danno, il tutto a spese dell’azienda ritenuta responsabile;
  • la riparazione del danno, anche dal punto di vista finanziario, compreso il risarcimento a individui o altre realtà produttive loro malgrado vittime della contaminazione perpetrata.

In altre parole, qualsiasi costo e spesa conseguente al danneggiamento delle risorse ambientali sarà di esclusivo carico dell’azienda. Naturalmente, l’entità di questi costi varia a seconda della gravità del danno ambientale arrecato.

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