Il turismo invernale italiano in crisi tra neve artificiale e impianti abbandonati
Il cambiamento climatico sta ridisegnando il volto delle montagne italiane, mettendo in crisi il tradizionale turismo invernale.
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IIl cambiamento climatico sta ridisegnando il volto delle montagne italiane, mettendo in crisi il tradizionale turismo invernale. La scarsità di neve naturale ha portato a un aumento degli impianti sciistici dismessi e a un crescente utilizzo dell’innevamento artificiale, sollevando interrogativi sulla sostenibilità di questo modello economico.
L’aumento degli impianti sciistici dismessi in Italia
Secondo il dossier Nevediversa 2024 di Legambiente, in Italia si contano attualmente 249 impianti sciistici dismessi, un dato in crescita rispetto al passato. Tra le regioni più colpite figurano:
- Piemonte: 76 impianti dismessi
- Lombardia: 33 impianti dismessi
- Abruzzo: 31 impianti dismessi
- Veneto: 30 impianti dismessi
92 impianti, inoltre risultano temporaneamente chiusi e 139 funzionano a intermittenza, a testimonianza delle difficoltà crescenti nel mantenere attiva l’industria dello sci.
Neve artificiale: una soluzione costosa e insostenibile
Per sopperire alla carenza di neve naturale, negli ultimi anni si è assistito a un incremento dell’innevamento artificiale. In Italia sono stati censiti 165 bacini di accumulo per la produzione di neve, per una superficie totale di quasi 1,9 milioni di metri quadrati. Le regioni con la maggiore presenza di bacini sono:
- Valle d’Aosta: 14 bacini (871.832 mq di superficie)
- Trentino-Alto Adige: 60 bacini
- Lombardia: 23 bacini
Il costo di questa tecnologia è elevato: il Piemonte ha speso 10 milioni di euro in quattro anni, mentre in Friuli-Venezia Giulia l’innevamento artificiale è costato 5,3 milioni di euro a stagione. Tuttavia, oltre al fattore economico, l’impatto ambientale è significativo, a causa dell’elevato consumo di acqua ed energia.
Un esempio del declino degli impianti sciistici in Italia è rappresentato dalla bidonvia di Pian dei Fiacconi, situata sul versante nord della Marmolada. Chiusa nel 2019 e distrutta da una valanga nel 2020, oggi la struttura giace in stato di abbandono, deturpando un’area considerata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Il fenomeno degli impianti abbandonati si ripete in diverse regioni, con oltre 218 impianti mantenuti artificialmente in vita attraverso costosi interventi nonostante le scarse prospettive future.
Turismo invernale sempre più esclusivo in Italia
Parallelamente alla crisi climatica, il turismo sciistico sta diventando sempre più costoso e accessibile solo a pochi. Secondo il rapporto Nevediversa 2024, una famiglia di tre persone spende mediamente 186 euro al giorno solo per gli impianti di risalita. Per una settimana bianca, il costo complessivo può raggiungere i 3.720 euro. Anche i prezzi degli alloggi e dei servizi sono in aumento:
- Hotel: +5,1%
- Scuole di sci: +6,9%
- Ristorazione: +8,1%
A Cortina d’Ampezzo, in vista delle Olimpiadi Invernali del 2026, si assiste a un processo di gentrificazione, con investitori stranieri che acquistano strutture turistiche e immobili, riducendo le opportunità per i residenti e rendendo la località sempre più esclusiva.
Ripensare il turismo invernale
Legambiente sottolinea l’urgenza di un cambio di paradigma nel turismo invernale, puntando su modelli sostenibili. Il progetto europeo BeyondSnow, guidato da EURAC Research, propone alternative per le stazioni sciistiche di media quota, promuovendo attività meno dipendenti dalla neve.
Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente, afferma: “Dobbiamo ripensare il turismo invernale in un’ottica sostenibile e coinvolgere istituzioni e comunità locali per sviluppare modelli più resilienti“. Con il cambiamento climatico che avanza, il turismo montano tradizionale appare sempre più a rischio. Senza un’inversione di tendenza, le stazioni sciistiche italiane rischiano di trasformarsi in cattedrali nel deserto, lasciando dietro di sé solo impianti abbandonati e paesaggi artificializzati.